Intarsi e otturazioni, due modi per curare la carie dentale.

Una visita dentistica spesso comincia con una semplice analisi visuale, in cui l’odontoiatra osserva lo stato generale di salute della bocca del paziente. A questo punto potrebbe essere scoperta una carie, oppure ci potrebbe essere il sospetto della sua presenza in un’area nascosta e invisibile. In entrambi i casi si procederà con una radiografia dentale, per capire quanto a fondo è progredita l’infezione. Nel caso venga confermata la presenza di una carie e il tessuto infetto non abbia ancora raggiunto la camera pulpare, compromettendo la vitalità del dente, il dentista procederà con la pulizia della cavità e quindi con l’otturazione.

Tuttavia, quando il danno è particolarmente esteso, lo stesso dentista potrebbe consigliare un intarsio. Il principio dell’intarsio è esattamente quello dell’otturazione – ovvero riempire il “buco” creato dalla carie ripristinando la sagoma e la funzionalità del dente – ma, al posto di una resina composita, viene impiegato un manufatto creato in laboratorio che riproduce la forma della parte mancante del dente.

Vediamo ora le caratteristiche principali di queste due soluzioni per curare la carie.

 

Cos’è un otturazione

La terapia per curare la carie è sostanzialmente immutata dall’inizio del XX secolo; quello che è cambiato è l’utilizzo di anestesie sicure ed efficaci, di strumenti chirurgici più moderni e di materiali durevoli ed esteticamente piacevoli. I passi fondamentali di un’otturazione sono i seguenti:

  • Anestesia locale (anche se per alcune carie superficiali sulla sommità del dente può essere evitata, ovviamente previo consenso del paziente).
  • Ablazione del tessuto infetto grazie all’azione di una testina rotante ad alta velocità (la cosiddetta “turbina”).
  • Pulizia della cavità, disinfezione per eliminare ogni traccia di batteri cariogeni e otturazione finale.

 

Quale materiale è preferibile per eseguire un’otturazione?

Per diversi decenni è stato impiegato l’amalgama, ovvero una lega metallica dalle ottime proprietà meccaniche che però ha il difetto di contenente Mercurio. Per questo motivo, nonostante non sia ancora del tutto scomparso, l’amalgama metallico sta rapidamente diventando un materiale obsoleto. Al giorno d’oggi, la maggioranza degli odontoiatri utilizza la resina bianca composita, molto più bella esteticamente – è disponibile in diverse tonalità per meglio adattarsi al colore dei denti del paziente – e che non comporta problemi di allergie ai metalli o di rilascio periodico di Mercurio nell’organismo.

Ma al di là dell’eccellente resa estetica, c’è da ammettere che la otturazioni in resina composita tendono a durare meno di quelle in amalgama, dato che sono più soggette a delle microscopiche infiltrazioni nel punto di giuntura tra tessuto naturale del dente e materiale artificiale, che a loro volta causano la formazione di una nuova carie al di sotto dell’otturazione.

Non per questo si deve tornare alle antiestetiche otturazioni grigio/nere dell’amalgama che vanno relegate al passato, ma piuttosto si deve migliorare la propria routine d’igiene orale, con spazzolino, filo interdentale e periodiche pulizie professionali: i denti correttamente puliti e mantenuti sono molto meno soggetti alle infiltrazioni batteriche, cosicché anche l’otturazione in composito durerà a lungo.

 

Intarsi, quando sono meglio dell’otturazione.

Eseguire un intarsio –  con lo scopo di garantire al dente un’adeguata resistenza durante la masticazione – è preferibile quando l’area infettata da una carie riguarda tutta o buona parte della parte superiore di un premolare/molare, mentre il dente malato è comunque ancora vitale e quindi va fatto il possibile per preservarlo.

All’atto pratico, il “paziente tipo” che ricorre ad un intarsio è una persona che ha già visto il suo dente cariarsi anni prima ma ha ricorso ad una normale otturazione, che nel corso degli anni si è infiltrata; quindi adesso una nuova e più pericolosa – perché occulta – carie ha ricominciato ad infettare il tessuto dentale al di sotto dell’otturazione. In questi casi in genere si sconsiglia una nuova otturazione, dato che il tessuto da rimuovere è ancora più esteso della prima volta e il rischio di recidiva sarebbe ulteriormente aumentato. È da scartare anche l’ipotesi di devitalizzare il dente, dato che la polpa dentale non è stata ancora infettata. Quindi è soprattutto in casi come questo che il dentista propone di eseguire un intarsio in quanto è la soluzione più efficace.

 

Intarsi, quale materiale è preferibile?

Attualmente i materiali più utilizzati sono la resina composita o la ceramica. Probabilmente l’Oro sarebbe in realtà ancora il materiale migliore, ma mentre un tempo era largamente utilizzato, ormai è caduto quasi del tutto in disuso, soprattutto per comprensibili motivazioni di natura estetica.

Tra composito e ceramica, la ceramica offre le prestazioni migliori sia dal punto di vista estetico che quanto a resistenza e durata. D’altra parte c’è da tenere in considerazione che, nel caso l’intarsio si scheggi, quello in composito è facilmente restaurabile con l’aggiunta di altro composito, mentre in caso di rottura della ceramica è necessario procedere con la fabbricazione di una nuova protesi.

Concludendo questo breve elenco, sono disponibili anche intarsi in Zirconia: anche se hanno un costo superiore a quelli in ceramica (a loro volta più costosi di quelli in composito), si tratta della scelta migliore sia dal punto di vista delle prestazioni meccaniche ed estetiche, sia per quanto riguarda la biocompatibilità.

9 Settembre, 2022