Perché eseguire un impianto pterigopalatino?

Il problema della “mancanza d’osso”.

Le ossa del cranio umano, soprattutto nella parte frontale, non sono “piene”, ma attraversate da diverse cavità, delle quali una delle più grandi è il seno mascellare, un’ampia area “vuota” dell’osso della mascella che si trova al di sopra dei molari superiori. Frequentemente, a causa di una protratta edentulia (mancanza di denti), avviene il cosiddetto “abbassamento del seno mascellare”, ovvero l’ampiamento di questa cavità a danno del pavimento osseo del seno, che si riduce di spessore portando la zona vuota sempre più vicina all’arcata dentale. La grande questione posta da questo fenomeno è la difficoltà ad intervenire con un impianto dentale nella zona dei molari, dato che non si trova dell’osso dello spessore e della qualità sufficiente a permettere l’osteointegrazione della vite e quindi il successo dell’operazione.

 

Il rialzo del seno mascellare.

Per ovviare a questo problema e permettere il posizionamento dell’impianto nella mascella posteriore (e quindi consentire al paziente di godere dei vantaggi di una protesi fissa al posto della tradizionale dentiera) si deve operare in via preliminare un “rialzo del seno mascellare”; si tratta di un insieme di tecniche chirurgiche che tramite innesto osseo consentono di riguadagnare la quantità di osso necessaria a sostenere un impianto.

Questi metodi sono diffusi, ben conosciuti e forniscono un buon tasso di sopravvivenza per gli impianti dentali. Tuttavia, presentano una serie di svantaggi. Gli svantaggi includono:

  • La necessità di eseguire comunque un intervento chirurgico “in più”, cioè preparatorio di quello d’impianto della vite.
  • Il risultato finale dell’innesto osseo non può mai essere predetto con assoluta precisione
  • L’aumento dei costi e soprattutto dei tempi di trattamento prima di poter avere la protesi fissa definitiva (fino ad un anno in più).

 

L’area pterigopalatina.

Per tutti questi motivi negli anni si sono cercati anche altri metodi per ovviare all’abbassamento del seno mascellare, e uno dei più affermati – descritto scientificamente per la prima volta nel 1989 – è quello degli impianti pterigopalatini. La tecnica in questo caso non prevede di ricreare l’osso dove avrebbe dovuto essere presente, bensì di “andarlo a trovare” dove sicuramente c’è. Ovvero posteriormente alla mascella, nell’area (o “fossa”) pterigopalatina, una zona di osso compatto formata dai processi pterigoidei dell’osso sfenoide uniti al processo piramidale dell’osso palatino; quest’ultimo in particolare è una zona di osso molto denso (parliamo di una densità superiore ben più del doppio rispetto a quella dell’osso mascellare) che sarà l’obiettivo del dentista quando andrà ad inserire la vite.

 

I principali vantaggi degli impianti pterigopalatini

Riassumendo, i motivi principali per l’utilizzo di questo genere di impianti sono:

  • Riguardano una zona di osso corticale denso che garantisce un’altissima probabilità di successo dell’impianto.
  • Evitano la necessità di rialzo del seno mascellare tramite innesto osseo con i conseguenti lunghi tempi di convalescenza.
  • Il posizionamento di questi impianti è relativamente semplice per un chirurgo esperto e l’operazione viene eseguita direttamente sulla poltrona del dentista in anestesia locale, mentre – per esempio – gli impianti zigomatici sono spesso eseguiti in anestesia generale.
  • Esattamente come gli appena citati impianti zigomatici, anche gli pterigopalatini a volte consentono il “carico immediato”, ovvero l’installazione della protesi fissa a poche ore (24-48) dall’intervento, se il chirurgo lo giudica possibile.

 

16 Giugno, 2022