Parola al Dottor Masiero: i pazienti odontoiatrici oggi

Andrea Masiero, classe ’69, ha studiato al Liceo Scientifico “Ugo Morin” di Venezia per poi iscriversi al corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’Università di Padova, dove si è laureato nel 1994. Oggi il dott. Masiero è un odontoiatra specializzato in protesi che accompagna l’attività clinica a quella di Direttore Sanitario della clinica OdontoSalute di Villotta di Chions (Pordenone).
Dottore, se le chiedessi qual è il suo “paziente tipo” cosa mi risponderebbe?
Le faccio un esempio: in una giornata di “prime visite” vedo un paziente ogni 45 minuti. Può immaginare quale sia la varietà di persone con la quale entro in contatto. Può capitare veramente di tutto… la persona che ha in testa unicamente l’aspetto estetico, il ragazzo che a 20 anni non ha ancora incontrato un dentista in vita sua, la persona anziana che chiede una riabilitazione con denti fissi e non vuole assolutamente una dentiera… l’importante, per me, è tener sempre ben presente qual è lo scopo del mio lavoro: la cura e il benessere del paziente, come fosse un componente della mia famiglia. Per fare questo è necessario entrare in sintonia con la persona e capire quali sono le sue autentiche esigenze.
Comunque, a voler estrapolare una statistica dal complesso dei miei pazienti, posso dire che il paziente protesico importante va per lo più dai 40 agli 80 anni. I pazienti giovani, per fortuna, sono rari, e per lo più si tratta di lavorare su impianti singoli in seguito a terapie ortodontiche o a traumi… anche perché la cura che i genitori prestano ai denti dei figli è completamente cambiata rispetto al passato.
È necessario sviluppare una spiccata capacità empatica, immagino…
L’esperienza aiuta moltissimo e sono utili anche i corsi che un medico può frequentare a proposito; comunque, in questa fase iniziale, la capacità fondamentale richiesta al dentista è quella dell’ascolto, del saper lasciar parlare la persona che si ha di fronte… farsi spiegare tutto quello che lui o lei ritiene di avere da dire, per cercare di capire veramente cosa vuole.
Sembra una banalità, ma non lo è. Io stesso, all’inizio della mia professione, non vedevo l’ora che il paziente smettesse di parlare per potergli guardare in bocca così da individuare, ad esempio, carie, denti mancanti e tutte le altre problematiche eventualmente presenti. Pensavo che così avrei dato la risposta giusta alle sue esigenze. Col tempo ho imparato che le cose non vanno proprio così… bisogna anche saper ascoltare per essere dei buoni medici.
C’è da dire che i pazienti di oggi sono più “preparati” di una volta, vero?
Sono molto più aggiornati, nel senso che si informano prima cercando sul web… il che, tuttavia, molte volte crea tanti dubbi quanti quelli che chiarisce: il paziente magari ritiene di sapere qual è la terapia, ma dato che i concetti di partenza sono vaghi, non gli è chiaro quale possa essere il suo “punto di arrivo”. Per questo la persona va accompagnata nel comprendere il percorso clinico che dovrà intraprendere; una valutazione che per il dentista è esclusivamente clinica, per il paziente tante volte è di natura psicologica.
Vorrei ora parlare di un suo caso specifico recente. Questo paziente si è presentato da lei con una protesi funzionante all’arcata superiore, ma con i denti inferiori quasi completamente consumati.
Sì, lo ritengo un caso abbastanza emblematico. In realtà il paziente, di 87 anni d’età, aveva entrambe le arcate con dei denti molto abrasi. Qualche anno prima aveva rivestito i denti dell’arcata superiore con delle corone in metallo-ceramica. In seguito, non potendo sostenere altre spese, aveva lasciato la parte inferiore allo stato evidenziato dalle foto.
Ci sono molti casi di denti abrasi?
L’usura e l’abrasione stanno aumentando in modo vertiginoso. Abbiamo sempre più pazienti che digrignano e serrano, quindi si verificano situazioni di usura dentale anche in soggetti molto giovani. Le statistiche sull’incidenza del bruxismo nella popolazione non sono univoche – anche a causa di una certa difficoltà a differenziare i sintomi in quadri clinici complessi – ma danno una percentuale di casi generici (non ulteriormente specificati) di bruxismo oscillante tra l’8% e il 30%.
Fatta questa premessa, devo dire che questo signore mi fece tenerezza, sia per l’età avanzata sia per le ridotte possibilità economiche. Insomma, volevo proprio risolvere il suo caso… e per fortuna la tecnologia ci ha aiutato; abbiamo proceduto digitalmente, in modo da ottenere una pre-visualizzazione di quello che sarebbe stato il risultato finale. Questo ci ha consentito una minima preparazione degli elementi esistenti e il manufatto è stato eseguito sulla base della progettazione fresando dal pieno un disco di PMMA Multistrato.
Come mai questa soluzione si chiama “provvisorio ortotico”?
Solitamente definiamo un manufatto come “definitivo” quando realizzato con materiale che garantisca durata e stabilità nel tempo, come la Zirconia. In realtà anche un manufatto “provvisorio” può avere caratteristiche che, in casi selezionati, lo rendono utilizzabile come definitivo.
Preferisco sempre spiegare ai pazienti che comunque quella in PMMA è una soluzione in cui i costi non sono eccessivi e comunque minori rispetto ad una riabilitazione con Zirconia, ma che chiaramente non può avere la stessa durata nel tempo.
Era la scelta ideale per un paziente di 87 anni che vive della sua pensione.
Quanto tempo è durato questo trattamento?
Il paziente ha fatto una prima visita e poi un secondo appuntamento per l’impronta con scansione intra-orale. Infine un terzo ed ultimo appuntamento per la cementazione del manufatto protesico. Il tutto sempre cercando di andare incontro alle esigenze del paziente che accusava anche dei problemi di deambulazione, riducendo il numero di sedute alla poltrona.
E dal giorno della prima visita a quello dell’uscita dal suo studio con i “denti nuovi”?
Credo due settimane in tutto, calcolando le tempistiche di laboratorio.